UNA FABBRICA DI CULTURA
Luca Forno – Arsenale Editrice – Verona – 2019 – ISBN 978 – 88 – 7743 – 416 – 6
Siamo stati abituati, o addirittura educati, a considerare il museo come un luogo particolare, protetto, quasi sacrale.
Ma, se andiamo oltre alla percezione immediata, di solito il concetto che noi abbiamo è quello di un “deposito”: lo spazio dove viene conservato un materiale prezioso, l’opera, il reperto.
Il museo, allora, diventa tempio (dell’arte, della storia) e contemporaneamente cassaforte, nella contraddizione evidente: l’opera a disposizione di tutti, attraverso l’esposizione, è sottratta a tutti, attraverso la sua intangibilità.
Il pregio dell’ultimo lavoro di Luca Forno è quello di rimettere in discussione questo concetto. Nei suoi scatti, il museo diventa fabbrica. Può sembrare strano: ma è così. Il cambiamento di questi ultimi trenta anni nella museologia e nella museografia, ha rovesciato concezioni secolari: l’opera, il reperto, dal suo ingresso in museo viene catalogata, studiata, restaurata. Quando viene avviata all’esposizione, questo accade dopo un percorso di ricerca su come l’opera dialoga con l’allestimento e il pubblico. Sempre di più, nei nostri spazi, la progettazione occupa uno spazio determinante e appare come vero atto creativo.
Potremmo dire che oggi, nei nostri musei, e nel Galata Museo del Mare più che in altri, l’ostensione si accompagna alla narrazione. Ed è questo che determina l’aspetto emergente di industria creativa e di fabbrica immateriale.
Ma, se è così, cosa si produce, allora, in un museo?
Un tempo, preda noi stessi del neopositivismo progressista, avremmo detto: “conoscenza”.
Oggi, in una stagione buia – e qui la scelta del black & white appare significativa – credo che possiamo affermare che il museo è soprattutto una fabbrica di domande, di interrogativi sulla nostra identità e sui nostri percorsi: prodotti intangibili ma non per questo meno efficaci.
Pierangelo Campodonico, Direttore Mu.Ma. Istituzione dei Musei del Mare e delle Migrazioni – Genova